2008 Salviamo l’Auxilium
Torino, 8 agosto 2008
Alla cortese attenzione dei Preg.mi Sigg.:
SINDACO DELLA CITTA’ DI TORINO
Dott. Sergio Chiamparino
ASSESSORE ALLO SPORT DELLA CITTA’ DI TORINO
Dott. Renato Montatone
SINDACO DELLA CITTA’ DI COLLEGNO
Dott.ssa Silvana Accossato
Società Torino Basket Club
Consiglio amministrativo
ORGANI F.I.P. Roma
Presidente Dott. Fausto Maifredi
Segretario Generale Dott. Maurizio Bertea
ORGANI F.I.P. Regione Piemonte
Presidente Dott. Giorgio Bassignana
DIRETTORI di redazione degli ORGANI DI STAMPA:
OGGETTO: Salviamo l’Auxilium Pallacanestro Torino, storica realtà cestistica torinese: Memoria del passato in serie A, oggi punto di riferimento per i giovani appassionati di basket
in data 19 giugno 2008 la società che ha gestito per un anno l’ Auxilium Pallacanestro Torino, con un conciso comunicato stampa, ha annunciato che la neonata Torino Basket Club avrebbe rilevato il diritto sportivo dell’Auxilium decretando l’abbandono dei colori sociali gialloblù, che identificavano la squadra con la città di Torino, e soprattutto dello storico marchio Auxilium, simbolo e ricordo del passato in serie A.
L’Associazione Cuore Gialloblù, che ha tra le finalità principali, la promozione della pallacanestro in Torino e Provincia, ha iniziato una raccolta firme tra la popolazione e gli appassionati di pallacanestro per richiedere all’attuale dirigenza di svincolare il marchio “Auxilium” dalla nuova società al fine di permettere a chi interessato di acquistarne il marchio e di continuare a mantenere viva la memoria storica torinese in cui Torino ancora si identifica
Si ritiene, infatti, che il marchio AUXILIUM sia un patrimonio per la Città e rappresenti una concreta possibilità per mantenere e incrementare l’interesse della popolazione torinese verso la pallacanestro nonché per stimolare un ritorno del Basket torinese nella massima espressione sportiva nazionale in quanto il simbolo Auxilium Torino ha ancora, grazie ai propri sostenitori ed appassionati, una eco nazionale.
Le oltre duemila firme raccolte sinora (a richiesta consultabili) testimoniano l’importanza che il marchio ‘Auxilium Torino’ possiede per la Città di Torino e per gli appassionati di pallacanestro.
E’ indubbio che una linea di pensiero, ribadita dall’Associazione nelle pagine del sito www.cuoregialloblu.com, così largamente appoggiata e ricca di consensi, non dovrebbe essere ignorata dagli organismi, siano questi enti amministrativi o enti responsabili dell’organizzazione dei campionati professionistici e dilettantistici, oltre che dai principali attori di questo sport.
Ci auguriamo che questa dimostrazione di “attaccamento” e “radicamento” a un nome che ha fatto la storia cestistica di una Città come Torino, oggi priva di società militanti nella massima serie in molti (troppi) sport (basket, pallavolo, rugby, hockey, calcio a 5 etc…), sensibilizzi le Autorità competenti e non, sul futuro del blasone “Auxilium Torino”, o, come piace dire a noi, sul “futuro della storia”.
Con i nostri migliori saluti
L’Associazione “Cuore Gialloblu’”
17/06/08 – alle 09:22 in Sport
Addio torello gialloblù
Eccoci qua. La Torino che si sente metropoli, e che segue le orme delle altre grandi città italiane (ma solo quando si tratta di replicare pessime idee) ha messo a segno un altro colpo. Dando dietro alla via tracciata dai grandi conglomerati urbani in cui il calcio pallonato “divora” tutto il resto, dopo l’addio di Roma e Milano alla pallavolo, ecco quello della capitale sabauda al basket. E’ finita l’avventura dell’Auxilium Torino, del nome e del marchio a lungo celato sotto mille sponsor più o meno fortunati: nata nel 1966, (per nulla) serenamente mancata all’affetto dei suoi (pochi) cari nel 2008. 42 anni e ciao, e non che due anni fa, nell’occasione del 40ennale, si siano sprecati i festeggiamenti.
Ma è naturale: quel poco che c’è deve toccare al calcio. Sacra la sopravvivenza della Juve dopo le note vicende, serie B e serie A, un anno di lieve purgatorio per cui si sono sprecati fiumi d’inchiostro. Sacra la sopravvivenza del Toro, fallito e rifallito e poi fallito di nuovo, pozzo nero nel quale anche la collettività inconsapevole (e non concorde) ha versato gocce del suo sangue grazie all’interessamento (indispensabile!) dell’attuale signor sindaco. Si salvi la storia, si recuperino i titoli sportivi, soprattutto nessuno tocchi il marchio. Fior di società calcistiche di Milano, Roma, Genova (e così via) restano in piedi in mezzo a debiti che farebbero impallidire qualsiasi azienda, perché il calcio è l’altro rito sacro domenicale (o forse è “il” rito, la Messa è l’altro).
Al marchio dell’Auxilium, evidentemente, nessuno tiene più di tanto. Tranne noi che negli anni dell’adolescenza andavamo al campetto di cemento di Parco Ruffini la domenica mattina, e al pomeriggio eravamo sugli spalti sciarpa al collo a guardare una partita, toh, pensa un po’, che non era di calcio. Chi scrive era presente all’ultima partita del basket torinese in una coppa europea, contro una squadra greca il cui nome ormai la memoria ha cancellato (parliamo degli anni ’80). Era presente alla prima retrocessione in A2, e poi ai playoff conquistati dalla serie cadetta (all’epoca le prime due di A2 andavano alle finali con le prime della A1), e poi alla sfida contro gli “odiati” Livornesi (contro Bologna l’altra rivalità storica), finita alla bella, vinta al supplementare con tutto il palazzetto in piedi a urlare per il canestro da tre segnato con una mano sola da Dawkins.
La Torino del basket ha sfiorato il titolo nazionale più di una volta, ma non l’ha mai vinto. Forse non ci sono coppe e coppette scintillanti a fare gola, per salvare il salvabile, non c’erano e non ci sono, e nessuna gazza ladra ha potuto farsi attirare da quello scintillìo mentre Torino scivolava giù, in serie B, poi in serie C a giocarsela (e perderla) contro il Moncalieri. Addio storia, addio colori. Tra i bianconeri e i granata del calcio, il misterioso biancorosso delle Olimpiadi 2006, l’Auxilium era l’ultima, l’unica, macchia gialloblù dello sport torinese (qualcuno, magari qualche nonnetto, si ricorda ancora che i colori di Torino sono quelli dello stemma, toro rampante giallo su campo azzurro?). Non che i titoli vinti dalla Torino della pallavolo, peraltro, siano stati sufficienti a salvare almeno quella, scomparsa ormai già da anni.
La Torino del basket ha visto in campo “Meo” Sacchetti, Riva, Della Valle, Vecchiato, Charlie Caglieris. Chi scrive ai tempi di scuola ha avuto l’onore di fare allenamento sotto la direzione di Caglieris (campione d’Euorpa 1980, non dimentichiamolo, anzi ricordiamolo a tutti quelli che non lo sanno, e sono molti – in finale battemmo la Spagna), e possiede ancora una maglietta da lui regalata (ancora con il marchio Saclà), una piccola reliquia.
La Torino del basket ha visto in campo Pessina, May, Gay, Morandotti, Pellacani, Zamberlan, Joe Kopicki, Darryl Dawkins detto “Chocolate Thunder”, che fu per noi ciò che Bob McAdoo fu per Milano – cioé uno di quei campioni americani venuti in Italia a fine carriera non a fare presenza ma a fare spettacolo, uno dei grandi “centri” NBA che ancora oggi si vedono nei filmati sulla storia del basket americano, precursore dello stile dei vari Mutombo, Olajuwon e Chaquille O’Neal, personaggio in campo e nella vita (sregolata), gigante de basket e della simpatia. Dar-ryl, Dar-ryl Daw-kins, cantava il palazzetto al ritmo di We Will Rock You dei Queen. Quando la squadra entrava in campo, al Palaruffini partivano le note di Walk of Life dei Dire Straits. Da Torino è partito, ultimo giovanissimo talento, “Picchio” Abbio, l’ultimo giocatore del nostro basket ad arrivare allo scudetto e alla nazionale.
Qualcuno si ricorda qualcosa?
Certo, Ginnastica e Crocetta (che si fondono con Auxilium, la divorano e la digeriscono) sono anch’essi nomi storici del basket cittadino. Ma cerchiamo di spiegarlo ai monomaniaci del calcio: è come se la Juve si fondesse con l’Ivrea e il Moncalieri e cambiasse nome in “Piemonte Calcio”. Suppongo si verificherebbero scontri di piazza e interrogazioni parlamentari.
Per chi ha memoria della storia che non c’è più, la storia gialloblù (per dedicare a noi stessi un’ultima rima da spalti), sappia che magari eravamo lassù gomito a gomito, a battere i piedi a terra all’unisono quando una schiacciata di Dawkins (rigorosamente a una mano, tutto con una mano sola faceva Chocolate Thunder!) si schiantava attraverso la retina. Eravamo lassù insieme a cantare, a ridere e piangere, a trattenere il fiato sui tiri liberi, e magari tavolo a tavolo dopo in birreria. Avevo all’epoca una findanzata (anzi, fidanzatina, visto che ero meno che ventenne) genovese malata di calcio, tifosa e giocatrice: venne a trovarmi con il fratello a Torino una domenica e li portai a vedere l’Auxilium, fu una vittoria contro gli “odiati” bolognesi. Mai usciti dallo stadio Ferraris di Genova, si stupirono del clima, del calore raccolto del palazzetto, del fatto che i giocatori fossero lì a pochi metri, e magari ti rispondevano pure quando gli gridavi qualcosa – non laggiù sul campo d’erba a decine e decine di metri, tipo Subbuteo. Lei, appassionata di sport, apprezzò molto, ma avrà dimenticato ormai, come hanno dimenticato quasi tutti, visto che nessuno alza un dito, dice un “no”.
Per chi ha memoria, e soprattutto per chi non ce l’ha:
http://www.auxiliumbasket.it/oldweb/storia/
(la foto di Dawkins qui sopra arriva dallo stesso sito).
Le grandi città vivono solo di calcio. Ma le grandi città europee (nel senso di “non-italiane”) hanno scoperto da tempo una cosa, chiamata “Polisportiva”, che consente di raccogliere sotto un unico marchio team di sport diversi, riducendo i costi (stessi impianti), magari spostando qualche utile da dove se ne produce tanto a dove ne serve un po’. Madrid, Barcellona, Atene, Belgrado. Da noi no: se non è calcio è sport di provincia, perché “funziona solo lì”. Boh. Torino fa 900 mila abitanti, troppo piccola per reggere più di uno sport. Charlotte, North Carolina, Usa, ne fa 630 mila: ci giocano i Carolina Panthers, finalisti NFL nel 2003, ci giocavano gli Hornets della NBA, e quando si sono spostati a New Orleans è subito nato un nuovo team, gli Charlotte Bobcats. Ah, già, New Orleans: 275 mila abitanti, arrivano a un milione contando tutta l’area metropolitana (se facciamo lo stesso con la cintura di Torino andiamo ben oltre il milione, ovviamente): oltre agli Hornets ci giocano i Saints della NFL. Fondati nel 1967, un anno dopo l’Auxilium. Paese che vai, buon senso che trovi.
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