Compito in classe più difficile del previsto per i ragazzi del 5pari. Analizzare, comprendere e tradurre la difficilissima pratica dell’Alfieri. Autore e squadra assai ostica. Notevolmente migliorata con il passare delle giornate. Di gran lunga la prova più difficile del campionato dei nostri ragazzi.
A dispetto di una preparazione ottima, il 5pari soffre parecchio la poetica alfieriana o forse subisce la legittima pressione di chi, passando questo esame, sarebbe automaticamente promosso alla classe superiore.
Tant’è che questa prova d’esame appare da subito complicata. I nostri ragazzi mostrano, sin dal principio, parecchie difficoltà nel rispondere alle domande che questo match pone loro. Attacchi sterili, difese appena sufficienti e una generalizzata sensazione di stress, portano in confusione i nostri esaminandi con il rischio di complicare il compito finale, rovinando un’intero anno accademico.
Mentre sugli altri banchi di prova gli avversari del girone paiono procedere spediti, il 5pari soffre inaspettatamente e chiude il primo quarto in svantaggio di 3 punti. Non ci aspettavamo un’analisi così difficile, così cruda, con domande che hanno minato alle basi le nostre certezze ma che ci hanno reso più forti.
Anche il secondo quarto, come la seconda domanda di una terza prova d’esame di maturità che ti sta sfuggendo di mano, risulta di difficile comprensione per i nostri ragazzi. Si aiutano, si copiano, si consigliano ma, nonostante ciò, nessuno riesce a trovare la soluzione dell’arcano.
Andiamo al riposo nuovamente ed inesorabilmente in svantaggio. Complimenti all’autore grande ma per noi maledetto. Ha saputo sottolineare i nostri difetti e su questi, ne ha creato la propria forza.
All’inizio del terzo tempo di gioco i nostri scivolano fino a -10 punti. Dopo tanto studiare, soffrire e sgomitare, rischiamo di scadere nell’anonimato di un esame senza lode. È troppa la fatica fatta, è troppo il tempo che abbiamo dedicato a studiare questo girone per scivolare su un compito difficile ma non proibitivo. Lentamente, come studente che con orgoglio vuole dimostrare come le notti insonni sui libri siano servite, il 5pari recupera e s’avvantaggia. Migliora l’analisi, la difesa dagli errori, l’attacco dei punti deboli e la prosa offensiva. Chiudiamo il terzo tempo ampiamente in vantaggio e con la sensazione che ormai la lode sia alla nostra portata.
Ed invece no.
Come sciocchi scivoliamo sull’ultima domanda. Quella da due punti. Quella che potrebbe regalarci il migliore dei voti nel girone verde. Errori di grammatica baskettara, errori di difesa della prosa e di attacco della poesia ci portano, poco a poco, a perdere voti. Sempre di più. Fino all’ultimo tiro all’ultimo secondo dove l’Alfieri, benevolmente, ci grazia rimandandoci alla domanda facoltativa, ai supplementari.
Orfani di tutti e tre i play, la questione appare chiusa.
Ma ecco risvegliarsi nel 5pari una reminiscenza dello studio. La mano dei nostri esaminandi si fa calda. Pronta a castigare il canestro avversario così come a difendere quello amico. Non sono più le grandi firme a guidare la nostra compagine alla vittoria, bensì gli scribi.
Uomini di enorme importanza ma di risalto minore. Leader occulti. Saggi nascosti dietro le quinte.
Alfieri si arrende alla conoscenza che il 5pari ha dimostrato di avere delle sue opere.
La partita finisce 74-65. Mai il basket fu più crudele perché entrambi avrebbero meritato la vittoria.
L’unica differenza, la sostanziale differenza risiede nel fatto che i nostri ragazzi…
VOLLERO, E VOLLERO SEMPRE, E FORTISSIMAMENTE VOLLERO.