MASSIMO FEIRA, UNITI PER MIGLIORARE IL PRODOTTO BASKET
Massimo Feira è l’uomo d’ordine della Fiat Torino, da aprile 2015 Amministratore Delegato della Società e suo rappresentante in Lega Basket. Lo fa da professionista con esperienza in Italia e all’estero e nella sua riconosciuta veste di manager di aziende private e pubbliche. La frequentazione del mondo basket avuta negli ultimi anni, lo ha convinto della ineluttabile esigenza di miglioramento del prodotto finale cui devono tendere in maniera sinergica le istituzioni sportive e, in modo particolare, la Lega Basket e la Federazione: “Se confrontiamo i dati economici della Lega Italiana Basket con quelli delle altre Leghe europee la nostra è quella con minori ricavi. Le ragioni di questa realtà sono molteplici. E’ necessario recuperare credibilità del sistema ed è indispensabile che il movimento, quello professionistico in particolare, si proponga forte di un prodotto di qualità omogenea su tutto il territorio nazionale, stabile e soprattutto serio. Questo potrebbe favorire l’ingresso di nuovi sponsor assecondando i dati di audience che indicano il nostro sport quale il secondo in assoluto (dati SIAE) per numero di spettatori alle spalle del solo calcio. Quando parlo di miglioramento del prodotto faccio riferimento in particolare alla qualità delle infrastrutture. Molti dei nostri Palazzetti sono inadeguati a mettere in scena uno spettacolo che si rivolge anche e soprattutto alle famiglie e che coniuga perfettamente agonismo sportivo e divertimento puro”. Esiste anche un problema legato ai diritti TV: “Indubbio ed evidenziato dal basso valore pagato dalle televisioni per trasmettere il prodotto basket. Ammontano a 1 milione di euro, quando, per esempio, in Francia siamo sull’ordine dei tre milioni di euro. Però, prima di chiedere agli altri, dobbiamo essere noi a strutturarci per una crescita globale. Occorre, lo stanno già facendo, che le Società si professionalizzino. È necessario parlare con le Amministrazioni locali per far comprendere che le infrastrutture sono le basi sulle quali impostare progetti duraturi e di successo. È quindi indispensabile darsi degli obiettivi condivisi da perseguire insieme parlando ovunque la stessa lingua, superando le inevitabili differenze e appianando le divergenze del passato”. La scorsa stagione è stata delicata per la questione delle Coppe Europee, non certo esaltante nell’ottica futura. Cosa pensa in merito?: “Eufemisticamente posso dire che quanto accaduto lo scorso anno non è stato positivo per l’immagine del nostro movimento. Obiettivamente credo siano siano stati commessi errori da più parti. Penso sia indispensabile lavorare affinchè il problema giunga a definitiva soluzione. È necessario, in primis, risolvere la questione dal punto di vista giuridico e che l’Italia riconquisti il numero di posti, da attribuire in base al merito sportivo, che aveva nelle principali manifestazioni continentali: la crescita passa anche attraverso la presenza in Europa delle nostre squadre. Ciò consentirà alle Società di meglio strutturarsi, ai nostri giovani giocatori di maturare quella maggiora esperienza di campo indispensabile anche per la Nazionale, ma anche di coinvolgere nuovi partners con interessi internazionali e potenzialmente attratti da vetrine di questo tipo”. E’ d’attualità la discussione circa le promozioni (da una a due dalla serie A2 alla serie A) e le conseguenti retrocessioni. Argomento spinoso?: “La questione delle retrocessioni/promozioni posta in questi termini mi sembra una semplificazione e una forzatura. Mi sembra invece il momento giusto per interrogarci su come i principali campionati di basket del nostro Paese possano essere riformati. Non voglio entrare nel merito di scelte fatte in altre epoche e di cui non conosco la genesi. Comprendo che la formula di una serie A2 con 32 squadre non sia compatibile con una sola promozione. Capisco l’ambizione di piazze importanti per storia, numero di tifosi e palazzetti moderni che oggi non militano in Serie A. Ma allo stesso tempo so, per averlo vissuto, con quale terrore si viva il rischio di retrocessione dalla serie A alla Serie A2: una vera tragedia economica. Le attuali differenze tra A e A2 sono esagerate, in primis quella di status di sport professionistico. E’ giusto a mio parere avvicinare queste realtà e, in un processo di omogeneizzazione del sistema, parlare anche di format, promozioni e retrocessioni”. Il Presidente della Lega Basket, Egidio Bianchi, ipotizza il numero di 7 stranieri per squadra il prossimo anno, in contrapposizione con le dichiarazioni del Presidente FIP, Gianni Petrucci: “Altra discussione che non comprendo. Oggi i giocatori stranieri, con la formula del così detto 5+4+3, per ogni squadra possono già essere 7. Credo che obiettivo del Presidente Bianchi fosse quello di moralizzare un sistema che, attraverso i “passaportati “, in passato, ha permesso tesseramenti quantomeno discutibili con la concessione un po’ troppo facile di passaporti comunitari a giocatori americani. Sono contrario a qualsiasi forma di protezionismo in ogni professione, la mia prima di tutte. Chi è bravo ha diritto di affermarsi. La questione non può essere affrontata come una guerra di religione tra FIP e Lega che, viceversa dovrebbero agire nell’ottica comune dello sviluppo del basket italiano valutando di concerto le azioni da intraprendere. Le Società della Lega sono tutte tesserate FIP e la Lega ha delega dalla FIP di organizzare il campionato di serie A, non condivido e non capisco lo scontro continuo che penso non giovi a nessuno. Se davvero l’obiettivo è quello di difendere i giocatori italiani, parliamo di vivai, di investimento nei settori giovanili, di contratti di lavoro che favoriscano il tesseramento di giovani italiani, di maggiore premialitá a chi fa giocare di più gli italiani collegata ai risultati individuali e di squadra ”. Ecco, proprio, con riferimento ai settori giovanili. Che importanza avranno pensando al basket del domani?: “I giovani rappresentano il patrimonio più importante per qualsiasi realtà sociale, economica e quindi anche sportiva. I settori giovanili non solo sono i vivai da cui attingere i futuri giocatori e possibilmente campioni, ma anche i futuri appassionati, tifosi e, perché no dirigenti. Lo sport professionistico del nostro Paese va profondamente ristrutturato a partire da uno dei suoi cardini che è la Legge 91. La sua riforma potrebbe essere il momento in cui discutere anche con lo Stato e il Governo alcuni aspetti, in particolare fiscale e quello giuslavoristico, che rendono non competitivo lo sport professionistico del nostro Paese. Credo ciascuna Società del Campionato Italiano sia davvero fiera di fornire propri giocatori alla Nazionale ancor di più quando provengono dal proprio settore giovanile, ma questo è possibile solo se economicamente sostenibile e compatibile”.
Da Ufficio stampa FIAT TORINO Roberto Bertellino – Benedetta Abbruzzese